Ho iniziato la difesa del Bitto Storico nel lontano 1994, quando si stava affacciando sulla scena politica una nuova forza, un partito che sembrava potesse dare voce alle aree periferiche montane, e fermarne l’inevitabile declino.
Oggi, dopo 26 anni di cosiddetta “Guerra del Bitto”, è possibile trarre degli insegnamenti dalla vicenda, ho quindi deciso che ogni due settimane esprimerò alcuni brevi concetti che spero servano, in positivo o in negativo, a stimolare, per chi fosse interessato, un commento.
Quel che è certo, è che il primo “Bitto Valli del Bitto”, poi “Bitto Storico, ora “Storico Ribelle”, non è più solo un formaggio, ma un vero e proprio movimento d’opinione.
Ho sempre pensato che alla base di questa storica produzione ci debba essere la difesa dell’erba d’alpeggio, applicata tramite la preservazione del sistema di pascolo. La nostra opposizione all’uso di mangimi e fermenti è il punto fermo onde garantire la biodiversità sui pascoli delle Orobie.
La versione opposta ha invece sempre sostenuto che il nostro agire fosse solo un’egoistica difesa del nostro orticello, a scapito degli interessi economici della Valtellina.
Sicuramente una forma di Storico Ribelle è un regalo unico nel suo genere, ma chi non sarebbe felice di riceverlo?
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