Paolo Ciapparelli racconta:
Agricoltura Green… da sempre!

1 Febbraio 2023
calecc trona

Da un po’ di tempo si sente molto parlare di “Green Economy”, che in questo momento è centrale anche per la politica, dato che i nuovi finanziamenti europei sono proprio legati all’economia sostenibile.

A tal proposito nel nostro settore si potrebbe interpretare la “svolta green” come un progressivo abbandono di un’agricoltura intensiva, ormai intollerabile dal punto di vista ambientale, sia per l’inquinamento di suolo generato, sia per il mantenimento della diversità delle razze. In quest’ultimo caso si tratta di una sostituzione delle razze animali tradizionali con altre selezionate per privilegiare la quantità di latte, rispetto alla quantità. 

Nel caso dell’agricoltura in montagna, l’alpeggio si può “caricare” in due modi. In un caso monticando bovine provenienti da stalloni intensivi, di razze produttive, utilizzando anche in monte i mangimi che sostengono gli animali a fondovalle (avviene così ormai in gran parte delle Alpi), oppure, come in pochi altri casi rimasti, come il nostro, utilizzando soltanto l’erba del pascolo.

Prendiamo l’esempio del Bitto. La modifica del disciplinare di produzione del Bitto DOP prevede solo una piccola integrazione per aiutare i capi a sopportare la dura vita dell’alpeggio e l’esposizione alle intemperie; non ci sarebbe nulla di male, anche se in passato non ce n’è mai stato bisogno. In molti alpeggi invece vediamo camion ed elicotteri che trasportano carichi di mangimi, sicuramente superiori alle necessità di “soccorso”. Forse è troppo difficile rendere “farmacista” la figura del pastore, per somministrare la corretta dose di integrazione? Il risultato è che molti pascoli non vengono più utilizzati, mentre nel posto più comodo dell’alpeggio si allarga una pozza nera di liquami, al centro della quale, intorno a un carro mungitore, permangono sdraiate decine di vacche sporche.

E’ questo il modo green e virtuoso che auspichiamo? Certo non noi…

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