Paolo Ciapparelli racconta:
La necessità di ribellarsi
Esistono diverse forme di ribellione: per non spaventare nessuno, è ora di chiarire la causa per cui siamo stati chiamati “eversivi”.
Quando ancora nel XX secolo ho avuto l’intuizione dell’importanza di difendere l’alpeggio con metodo storico, pensavo bisognasse partire da un semplice concetto, che agli occhi di tutti sembrava scontato: le vacche in alpeggio devono mangiare solo erba.
Ebbene sì, ho guidato un movimento eversivo perché opponendomi a mangimi e fermenti ho sfidato l’industria, per preservare quel poco che restava di artigianalità nel nostro mondo, ben sapendo che senza una presa di posizione ufficiale sarebbe scomparso il sistema di pascolo tradizionale.
L’opposizione che ho fatto a nome dei produttori storici, anche sulla Gazzetta Ufficiale italiana e poi come ricorso alla Commissione Europea, pur condotta con metodi dilettantistici (gli avvocati costano!) è stato un gesto coraggioso e fuori dal coro. Prima di noi nessuno aveva denunciato questa tendenza nel mondo caseario!
Oggi l’agricoltura green è al centro dei progetti futuri, da Greta Thunberg (che non era ancora nata quando abbiamo iniziato le nostre battaglie) al Recovery Fund, ci sono fondi destinati a chi dovrebbe costruire un futuro rispettando l’ambiente. Siamo però certi che questo modello di sviluppo lo potrà guidare chi fino ad oggi è stato paladino dell’agricoltura intensiva, che si traduce in fermenti e mangimi in alpeggio, con lo scopo di standardizzare le produzioni e aumentarne le quantità? A noi sembra il caso delle tante DOP, che a colpi di modifiche nei disciplinari, hanno distrutto produzioni storiche facendole finire nelle mani dell’agro-industria.
Ecco perché ho guidato questo tentativo eversivo, ma ho il sospetto che questa volta non basterà il solito Paolo Ciapparelli a difendere i pochi caricatori d’alpe tradizionali rimasti…